“Non sono le specie più forti a sopravvivere, nè le più intelligenti, ma sono quelle che riescono a rispondere con maggiore prontezza ai cambiamenti”.

(Charles Darwin)

 

Uno degli aspetti che maggiormente mi sorprende all’interno di un percorso pricoterapeutico è il fatto che i pazienti, non sempre ma tutto sommato mi viene da dire abbastanza spesso, fanno fatica a riconoscere i cambiamenti, nel momento stesso in cui li mettono in atto.

 
A volte, tra una seduta e l’altra, i pazienti compiono azioni (a livello concreto, di pensiero, emotivo o relazionale) che potrebbero essere descritte da uno spettatore esterno come “lo scalare una montagna”, nemmeno di quelle più semplici. Però lo raccontano come un evento tra gli eventi, a volte addirittura se lo tengono lì, per poi esplicitarlo all’ultimo. Questa cosa mi ha sempre fatto un po’ sorridere. Perchè è solo quando lo psicoterapeuta evidenzia quanto importante sia il cambiamento attuato, che il paziente ha un insight, rendendosi conto di essere stato bravo, a volte molto bravo.

 
E tutto ciò non avviene affatto a caso.

 
Come ha infatti dimostrato Douwe Draaisma, famoso psicologo olandese, ricordiamo più facilmente gli eventi negativi rispetto  a quelli positivi. E la colpa la dobbiamo dare al cortisolo, ormone dello stress, che marchia l’evento stressante in modo che venga impresso nella memoria a lungo termine.  I ricordi angosciosi e paurosi sono infatti più importanti per la nostra sopravvivenza rispetto a quelli piacevoli. Insomma, si tratta di un fattore evolutivo.

 
“Per un fatto evolutivo, sopravvivere è importante. Se le persone vi trattano male, ve lo ricorderete per tutta la vita. È stata una delle funzioni evolutive chiave per la nostra sopravvivenza,” ha detto Ming Zhou, professore al dipartimento di fisiologia dell’Universitàdi Toronto e detentore della Michael Smith Chair in Salute Mentale e Neuroscienze. “Ci ricordiamo di chi non si comporta bene con noi. È così che sopravviviamo. Tendiamo a dimenticare le persone che sono buone con noi, perché non sono un problema per la nostra sopravvivenza,” ha spiegato Zhou.

 
Ed è così che l’altro giorno una mia paziente che non guidava da ormai sei anni, in preda all’ansia e agli attacchi di panico, mi ha comunicato di essersi iscritta il giorno prima a scuola guida per riprendere confidenza con l’automobile. Cosa impensabile fino a quindici giorni prima. A fine seduta le ho dato un compito da fare: farsi un regalo, per premiarsi, perchè dal mio punto di vista meritava assolutamente di essere premiata. Mentre ci stavamo salutando mi ha detto: “Quindi non ho nessun compito da fare? SOLO farmi un regalo?”. Già, SOLO. Ne abbiamo sorriso insieme.

 
Ma è proprio così, dobbiamo allenarci a soffermarci su quanto di buono stiamo compiendo, perchè mica il cortisolo è così facile da tenere a bada. Quindi dobbiamo imparare a farci attenzione, a riconoscercelo e a fare i complimenti a noi stessi quando questo accade. E perchè no, magari anche a premiarci.

 

Dott.ssa Erika Fissore

Psicologo-Psicoterapeuta

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