Quando ho iniziato a studiare psicologia ero attratta, come la maggior parte degli studenti di questo corso universitario, dai manuali psicodiagnostici. Più erano spessi e più li trovavo interessanti. Mi piaceva, credo, quell’apparente certezza che ti danno, questo ricondurre i sintomi all’interno di categorie chiare e definite. Col senno di poi, probabilmente li trovavo rassicuranti.
Poi sono incappata in alcuni Professori, pochi per la verità, che all’interno di quei manuali faticavano un poco a starci e grazie a loro ho iniziato a vedere le persone, al di là della diagnosi, la persona.
 
E oggi, grazie a loro, funziona così. I manuali rappresentano le origini, rimangono lì, sempre presenti sullo sfondo, con la loro capacità di rassicurare. Ma poi esistono le persone, il loro essere assolutamente imprevedibili e uniche, al di là di qualsiasi categoria psicodiagnostica.
I pazienti in qualche modo hanno la possibilità di riscrivere quelle pagine, mentre per quanto riguarda noi psicoterapeuti:
 
“Se accetto l’altra persona come qualcosa di rigido, di già diagnosticato e classificato, di già formato dal suo passato, contribuisco a confermare questa ipotesi limitata. Se l’accetto come un processo di divenire, contribuisco, invece, al limite delle mie possibilità, a confermare e a rendere reali le sue potenzialità”. (Carl Rogers)

 

Dott.ssa Erika Fissore

Psicologo-Psicoterapeuta

via Rambaudi 27

Bra (CN)