Ieri, mentre ero dentro le mura del carcere, mi sono soffermata a riflettere sul senso della mia presenza lì e mi sono interrogata sull’incidenza che può avere quel mondo così particolare sul mio lavoro come psicoterapeuta in studio.
Apparentemente nessuna.
In realtà credo che il carcere sia una palestra enorme per uno psicoterapeuta in quanto luogo in cui si è costretti ad allenarsi su un elemento fondamentale della relazione terapeutica: l’assenza di giudizio.
Un buon terapeuta non giudica il suo paziente, qualunque sia la richiesta che ci porta; questa è la base di una relazione psicoterapeutica.
E il carcere, in tutti questi anni, mi ha obbligata a lavorare su questo aspetto.
Perchè l’unico modo in cui è possibile costruire una qualsivoglia relazione dentro quelle mura è di entrarci liberi dal giudizio; ed è anche l’unico modo per sopravvivere lì dentro.
Se entri e il giudizio ti accompagna a braccetto, probabilmente non è tanto il luogo adatto a te. Probabilmente dopo poco non ci metti più piede.
Al carcere, palestra eccezionale. In tutti i sensi.
Dott.ssa Erika Fissore
Psicologo-Psicoterapeuta
via Rambaudi 27
12042 Bra (CN)